Vino Gutturnio

La storia del Gutturnio

vino gutturnio vitignoLa storia del Gutturnio vive più di fantasie che di certezze.

Il vitigno Barbera si iniziò a coltivare nel piacentino nella seconda metà dell’ottocento. Il Bonarda (Croatina) nel 1908, come riportato da “Agricoltura piacentina” era in sperimentazione e definito molto promettente ( assieme a Nebbiolo, Freisa e Dolcetto che furono accantonato e confinati nel Bobbiese)

Il Croatina prese vigore con la ricostituzione post fillosserica iniziata nel 1930, quando vene inserito tra le più interessanti varietà da propagare. Le barbatelle venivano preparate nel vivaio provinciale della Pellegrina (vicino a Gossolengo). Grazie all’azione del vivaio provinciale Piacenza acquistò una più forte uniformità varietale.

Quello che sembra storico, cioè reale, è l’intuizione del Prati di unire i due vini per smussare l’acidità del Barbera e la tannicità del Bonarda per dare origine ad un vino più equilibrato.

Nel 1941 il Ministero dell’Agricoltura elencò i vini “tipici e di pregio” e tra questi inserì il Gutturnio, nome proposto nel 1938 dall’enologo Mario Prati e apparso per la prima volta nel 1939 su un’etichetta dell’azienda Manara di Vicomarino (Ziano). Il disciplinare di produzione risale al 1967 (settimo vino italiano ad ottenere la d.o.c.).

La faccenda del Gutturnium è più complicata.

Su quello rinvenuto a Velleja ( forse) non ci sono notizie sicure. Su quello pescato in Po e assurto a Gutturnium ufficiale, con tanto di copia in argento riprodotta da un orafo piacentino ci sono notizie più certe. Compresa quella della direttrice dei Musei Piacentini che in un convegno del maggio scorso ne ha completamente demolito l’interpretazione  corrente, collocandolo tra i vasi impiegati per le misurazioni di liquidi, essenze, profumi, ma non atto sicuramente come oggetto di mensa. Quindi interpretazioni un po’ frettolose di non addetti ai lavori si scontrano con la lettura data dagli storici.  Effettivamente, seppur bellino, il vaso rinvenuto in Po è tondo e a bocca piccola, non atto a versare vino perché l’effetto “glugg” sarebbe certo.

Però ormai il dado è tratto….. e penso che lasciare il racconto alla fantasia sia ineluttabile. E gli storici non rompano…..

L’anfora GUTTURNIUM

anfora-gutturnium-gutturnioFino agli anni 70, l’anfora di Veleia viene utilizzata e citata come simbolo del vino Gutturnio. Poi improvvisamente, in una pubblicazione del 1972, lo studioso Serafino Maggi identifica la coppa Gutturnium con quella ritrovata lungo le sponde piacentine del Po, a Croce Santo Spirito. Da lì in poi e ancora oggi, è abitudine trovare riferimenti al nome Gutturnio come derivato dalla coppa ripescata nel Po.

Si tratta però di un errore poiché il Gutturnium era un’anfora della capacità di due litri, come descritto da Bonora in “Escursione per la Val Nure” del 1881. L’altra coppa aveva invece un’altezza di “nove centimetri e tre millimetri” come riportato dal Porf. Pizzi, nel “Bollettino Archeologico del Museo Provinciale di Cremona” del 1878. Ben lontano quindi dalla capacità, citata, di due litri. Il secondo ritrovamento, infatti, si tratta di una tazza, un “ariballo”, come chiamato dall’accademia dei Lincei, ovvero un piccolo recipiente, che solitamente veniva utilizzato dagli atleti e dalle donne dell’antica Grecia e da quelle romane.
E’ noto che l’attuale vino Gutturnio abbia ereditato il nome dalla coppa o tazza di argento di epoca romana, rinvenuta nel territorio piacentino verso la fine dell’ottocento. Aldo Ambrogio, nel 1938, citava il “Gutturnium” come un “bellissimo boccale o grande coppa di vino dissepolto a Veleia nel 1878 e conservato nel Museo Nazionale di Roma: esso chiudeva le grandi cene romane. L’esemplare consta di una grande coppa d’argento della capacità di circa due litri di vino: ha una sola ansa con figure sbalzate e cesellate con arte pura ed elegante ed il corpo è tutto cesellato a piccoli sbalzi con tralci di vite e grappoli d’uva e romboidi finemente graniti e di aspetto singolare. Recava inoltre la scritta, in rilievo, “PLACENTIAE”.
Purtroppo negli ultimi anni è stata abbandonata la storia del ritrovamento negli scavi di Veleia, a favore dell’ariballo raccolto casualmente dalla rete di un pescatore.
I vini piacentini erano già famosi ai tempi dei Romani. Cicerone, nella sua oratoria “in Pisonem” nel Senato di Roma, accusava Pisone, padre di Calpurnia, moglie di Giulio Cesare, di “bere calici troppo grandi del vino di Piacenza“. E i Romani hanno lasciato traccia dei vini di Piacenza, anche in altre loro province. Ad esempio in Turchia, nel villaggio di Aizanoi, nell’Anatolia Centrale, vistando il tempio di Zeus è possibile vedere una stele sulla quale è rappresentata un’aquila romana con accanto un vaso identico al Gutturnium di Veleia.

Tipi di Gutturnio

Gutturnio Classico – Gutturnio Classico Riserva –

Gutturnio Classico Superiore – Gutturnio Frizzante

Gutturnio Riserva – Gutturnio Superiore

Caratteristiche organolettiche

  • colore: rosso rubino brillante di varia intensità.
  • odore: vinoso e caratteristico.
  • sapore: secco o abboccato, fresco, giovane, tranquillo o vivace

Abbinamenti

Gutturnio Frizzante: salumi piacentini, formaggi, primi piatti della cucina piacentina (Pisarei e fasö)

Versioni ferme del Gutturnio: arrosti e bolliti, brasati e carni alla griglia.

I vini Gutturnio della cantina Lusenti

In Vini Rossi Fermi

Gutturnio Superiore “Cresta al Sole”